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Leonard Belluzzo: la tradizione di creare e innovare

Lo chef si racconta.

È un vero cittadino del mondo, Leonard Belluzzo. Partito dalla sua Legnago, in provincia di Verona, ha infatti maturato esperienze nelle cucine di tutti i continenti. Ma al tempo stesso ha anche dato molto ai ristoranti nei quali ha lavorato e ai loro clienti. Le tappe della sua carriera sono state veramente infinite: Canada, Alaska, Stati Uniti, Messico, Svizzera, Giappone, Regno Unito, Francia del nord e del sud, Russia, Spagna, Thailandia; ma anche Verona, Venezia, Parma, Padova, lago di Garda, Costa Smeralda.
E il risultato è una cucina che egli stesso descrive così: 70% italiana, 15% francese e il restante 15% orientale. La cucina mediterranea e quella regionale del nord Italia sono i suoi capisaldi, mentre l’arte delle salse e riduzioni nel piatto si devono ai francesi e dall’Oriente arrivano le sapienti marinature e le cotture leggerissime, quasi evanescenti.
Creatività e talento, innanzitutto, ma anche coerenza e rigore professionale. E, inoltre, una dote che manca a molti e che appartiene a pochi. Ai più grandi: l’umiltà. “Humility Chef”, si definisce infatti Leonard, un po’ scherzando e un po’ no, perché sa di essere nel giusto.
“È finita” dice “l’epoca degli chef showmen, che miravano a strabiliare più che a cucinare. Oggi è il momento della sincerità e della riflessione. È necessario rimboccarsi le maniche per adeguare la gastronomia alle esigenze e allo stile di questi tempi: e questo si può fare solo guardando alla tradizione. Perché la tradizione è la roccaforte di ogni chef: ci trova tutto quello che gli serve, anche per creare e per innovare”.
“Tradizione” prosegue Belluzzo, “significa attenzione prioritaria alle materie prime, conoscenza approfondita della cucina classica, valorizzazione dei prodotti del territorio, capacità di inventare vie nuove senza mettere in discussione i fondamentali della nostra professione”.
“E poi”, conclude, “mettiamoci tutti una mano sulla coscienza al momento di scrivere i prezzi sui nostri menu: so bene quanto costi mantenere un locale di livello, sotto tutti i profili; so bene anche quanto valga il talento di un bravo chef: è come un artista. I suoi piatti sono pezzi unici, a volte irripetibili. Ma se vogliamo che tutto questo possa esistere non dobbiamo dimenticare l’importanza di avere le sale piene di clienti soddisfatti. Io penso che si possa trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di bilancio e di profitto (sacrosante), da un lato, e una maggiore accessibilità dei nostri prezzi, dall’altro”.

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