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La cucina del futuro viene dal passato

Lontano da mode, modi e tendenze. Potrebbe essere questo il leitmotiv della cucina “fermentata” inventata, o per meglio dire riscoperta, dal giovane chef gardesano Mattia Baroni. Sono idee, le sue, che rimandano al lontano passato, quando non c’era nessuna possibilità di conservare gli alimenti, e il cibo era solo ed unicamente una necessità; in sintesi una questione di pura sussistenza. Da una necessità si arrivò, in breve tempo, all’ingegno: perché non provare a sfruttare a proprio vantaggio il naturale processo di decadimento dei cibi per creare ricette gustose, originali ma, soprattutto, sane e naturali?
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Lontano da mode, modi e tendenze. Potrebbe essere questo il leitmotiv della cucina “fermentata” inventata, o per meglio dire riscoperta, dal giovane chef gardesano Mattia Baroni. Sono idee, le sue, che rimandano al lontano passato, quando non c’era nessuna possibilità di conservare gli alimenti, e il cibo era solo ed unicamente una necessità; in sintesi una questione di pura sussistenza. Da una necessità si arrivò, in breve tempo, all’ingegno: perché non provare a sfruttare a proprio vantaggio il naturale processo di decadimento dei cibi per creare ricette gustose, originali ma, soprattutto, sane e naturali? A grandi linee è stato questo il percorso, mentale, teorico e pratico, che ha portato Mattia Baroni a fare propria la tecnica di fermentazione e macerazione degli alimenti e a metterla in pratica nella cucina del raffinato ed elegante ristorante Haselburg di Bolzano, ospitato nelle scenografiche sale di Castel Flavon, splendido maniero del XIII secolo con una spettacolare vista sulla città.

Piatti e ricette sani, gustosi, altamente digeribili, ottenuti attraverso le migliori materie prime del territorio, il rispetto della stagionalità, l’attenzione alla biodiversità e alla filiera dei prodotti ma, soprattutto, con la riscoperta delle antiche conoscenze in fatto di conservazione dei prodotti. Ecco quindi le tecniche di fermentazione e macerazione, dalle lontane origini unite alle moderne tecnologie che la cucina attuale permette. In sintesi estrema: la fermentazione degli alimenti può equivalere alla cottura tradizionale? Non del tutto, perché questa tecnica antica non toglie proprietà nutritive né gusto, che invece la più classica preparazione dei cibi tende a ridurre, soprattutto per quel che concerne le prerogative nutrizionali. Risultano quindi cibi probiotici, in nessun modo adulterati, con sapori andati perduti; alimenti quasi “vivi”. È la ricerca di Umami, il cosiddetto quinto gusto, un esaltatore non antagonista degli altri sapori ma, al contrario, amplificatore di questi ultimi.

L’Umami – spiega Mattia – è dovuto a un aminoacido contenuto in natura, completamente insapore se impegnato in una struttura proteica; cucinandolo le proteine vengono idrolizzate e donano sapore. Fermentando e macerando si creano degli enzimi che riescono a fare idrolisi delle proteine senza dover scaldare il prodotto e quindi a estrarre aminoacidi, cioè gusto. In più, oltre ad estrarne di più se ne ricavano di diversi, e si riesce a dare nuove sfaccettature di sapore”. “Domare” gli enzimi per farli lavorare per dare gusto e digeribilità: ecco quindi che dalla cucina di Mattia Baroni la tecnica di fermentazione e macerazione “crea” vari tipi di garum (agnello, vitello, maiale, gamberi, utilizzando solo gli scarti di produzione), miso e piso (parente stretto del miso, è una fermentazione di legumi, cereali, ortaggi con buona percentuale di proteine e con residui), marinature enzimatiche per le carni (anatra e agnello, ad esempio) e tanti altri. Nel segno, per corpo e palato, di gusto e benessere; sapori sani, senza eguali.

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