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È l’ora di ripensare il sistema fieristico italiano?

Fu sicuramente una scelta coraggiosa, qualche giorno fa, la confermare dello svolgimento di Vinitaly così come programmato, dal 19 al 22 aprile, anche dopo la decisione del Salone del Mobile di rinviare la manifestazione a giugno. Ma, ancora più coraggiosa è stata la decisione di rinviare la manifestazione.
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Fu sicuramente una scelta coraggiosa, qualche giorno fa, la confermare dello svolgimento di Vinitaly così come programmato, dal 19 al 22 aprile, anche dopo la decisione del Salone del Mobile di rinviare la manifestazione a giugno. Ma, ancora più coraggiosa è stata la decisione di rinviare la manifestazione “in considerazione della rapida evoluzione della situazione internazionale che genera evidenti difficoltà a tutte le attività fieristiche a livello continentale, Veronafiere ha deciso di riposizionare le date di Vinitaly, Enolitech e Sol&Agrifood dal 14 al 17 giugno 2020, ovvero nel periodo migliore per assicurare a espositori e visitatori il più elevato standard qualitativo del business”. Così, si legge nella nota di Veronafiere che, prosegue  “Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere in chiusura del Consiglio di amministrazione della Spa, riunitosi oggi ha detto che Vinitaly, insieme ad OperaWine, si svolgerà in un contesto temporale in cui grandi eccellenze del made in Italy, quali Cosmoprof e Salone del mobile, per esempio, avranno il compito di rilanciare con forza l’attenzione dei mercati internazionali e l’immagine dell’Italia. In questo frangente ringraziamo le aziende per la fiducia che ci stanno dimostrando”. La decisione è stata frutto di un’attenta analisi dei dati disponibili oltre che dell’ascolto delle posizioni degli stakeholder del mercato, incluse le principali associazioni di settore: Unione Italiana Vini, Assoenologi, Federvini, Federdoc, Federazione vignaioli indipendenti e Alleanza delle Cooperative settore vitivinicolo.

Lo spostamento a giugno di Vinitaly e di altre importanti manifestazioni internazionali nelle città di Milano e Bologna – spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere – è un segnale che il made in Italy scommette su una pronta ripresa economica nei settori chiave del sistema-Paese. Auspichiamo che il nuovo calendario fieristico nazionale possa generare una rinnovata fiducia ed essere strumento con cui capitalizzare la ripartenza del nostro Paese”.

La reazione delle parti interessate è stata più che positiva. Da Ernesto Abbona, presidente Unione italiana vini: “Condividiamo in pieno le scelte di Veronafiere, sia per quanto riguarda la decisione presa, sia per la relativa collocazione temporale insieme ad altri grandi eventi come Cosmoprof di Bologna e il Salone del Mobile di Milano, che daranno un segnale importante per la ripresa del Paese”; a Sandro Boscaini, presidente Federvini: “Occorre dare un messaggio forte al Paese. Se agiamo uniti nel contesto dello spostamento di data, non solo di Vinitaly, ma di altri grandi eventi internazionali che si svolgeranno in Italia a giugno, potremo contribuire in modo corale al rilancio dell’immagine positiva che merita il made in Italy”; da Riccardo Cotarella, presidente di Assoneologi: “La decisione assunta da Veronafiere su Vinitaly e supportata dalle associazioni della filiera, deriva da considerazioni intelligenti e imprenditoriali. Non si può immaginare un Vinitaly fiore all’occhiello del settore vitivinicolo italiano, nonché evento che tutto il mondo ci invidia, ridimensionato più o meno fortemente nelle presenze di operatori che al momento danno previsioni non soddisfacenti. Questo significa tutelare l’operatività dei nostri produttori e allo stesso tempo proteggere l’immagine del vino italiano e di Vinitaly nel mondo”; a Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti: “Siamo d’accordo con Veronafiere sulla necessità di modificare le date in calendario di Vinitaly. Giugno è l’ultima data utile per un evento sul vino. Come Fivi siamo comunque pronti ad un grande impegno per partecipare, dal momento che questo mese è dedicato tradizionalmente alle lavorazioni in vigna”; da Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc: “La nostra posizione è di non dare messaggi negativi al mercato, specie in un momento cruciale per il sistema Paese e per il settore. La situazione negli ultimi giorni è stata diversa da quella sperata e per questo ci sentiamo di condividere la scelta di Veronafiere e di stare sulla stessa linea di Vinitaly, pur consapevoli che ci sarà molto da fare”; a Luca Rigotti, coordinatore settore vino di Alleanza Cooperative: “Condividiamo la scelta di Veronafiere per lo spostamento delle date di Vinitaly. Ora lavoriamo assieme alla fiera affinché il mondo del vino possa dare un messaggio positivo all’economia nazionale”.

Insomma, unità di intenti, come si conviene in situazioni drammatiche come quella che stiamo vivendo con il coronavirus. Anche perché non era proprio il caso di rischiare ad avere una manifestazione senza la presenza di operatori provenienti da quei paesi – Stati Uniti, Canada, Cina, Giappone, Germania, Svizzera – che sono importanti per l’export del vino italiano. Però, in questi quasi tre mesi che ci separano dal Vinitaly, bisognerà trovare una strategia per riposizionare l’immagine positiva che l’Italia era riuscita a costruirsi negli anni di ottime produzioni enologiche. Se verrà a mancare un’idea vincente, il riposizionamento del Vinitaly sarà servito a poco se non addirittura a niente.

E, così, dopo il Salone del Mobile, Identità Golose, Myplan&Garden, e fiere importanti all’estero come ProWein a Dusseldorf, adesso il Vinitaly e, a ruota, nel suo piccolo, VinNatur Tasting a Gambellara, cambia lo scenario del panorama fieristico addirittura a livello globale. 

Sarà tutto da ripensare il sistema fieristico italiano? E’ difficile rispondere, anche perché l’elemento disturbante – il coronavirus – oltre a non rispondere a nessuno, non è stato ancora bloccato. Speriamo che questo avvenga presto, altrimenti ci troveremo davanti  a migliaia di operatori economici o falliti o comunque costretti a ridimensionare di molto le proprie capacità produttive.

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