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L’antica tradizione del Pan de Mej

In Italia i dolci non sono solo dolci. Continuiamo il nostro viaggio alla riscoperta delle tradizioni culinarie per le festività.

Il 23 aprile si festeggia San Giorgio, patrono d’Inghilterra e di Genova, ma non solo. Anche Reggio Calabria, Canada, Catalogna, Etiopia, Georgia (ovvio), Lituania, Malta e Portogallo invocano la sua protezione. E il mito del Santo cavaliere ardimentoso che uccide il drago per salvare la principessa è presente, sotto molteplici forme, anche presso altri popoli.

A Milano, questa ricorrenza si celebra con un dolce speciale: il Pan Meino (o Pammeino). Peraltro, il Pammeino di oggi è alquanto differente dalla ricetta originale: infatti il termine “mej”, in milanese, vuole dire miglio: un cereale povero, con cui anticamente i contadini panificavano quando la farina scarseggiava. Dal XVIII secolo, però, al posto della farina di miglio, si iniziò a utilizzare una mistura di grano e mais, senza però modificare il nome.

Il Pammeino è legato a San Giorgio per via di una leggenda medioevale, secondo la quale gli abitanti della parte meridionale di Milano, non potendo più sopportare le vessazioni di un delinquente dal nome di Vione Squilletti, uomo feroce e spietato che terrorizzava il rione, chiesero a Luchino Visconti, signore della città, di aiutarli. E fu proprio il 23 aprile 1339 che gli armigeri di Luchino sconfissero i seguaci di Vione, che cadde nello scontro, tra il giubilo e il sollievo generale. Al termine della battaglia i milanesi scesero in strada per festeggiare, offrendo ai soldati viscontei il “pan de mej”, che da allora fu il dolce del giorno di San Giorgio.

Nel luogo dove avvenne la battaglia, fu dipinta su un muro un’immagine di San Giorgio che uccide il drago con la scritta “Qui morì Vione”, da cui il quartiere prese il nome di Morivione, che ha tuttora.

San Giorgio, però, è anche protettore dei lattai e per questo, a partire dal XIX secolo, il 23 aprile era la data stabilita per il rinnovo degli accordi annuali tra i produttori di latte, ossia i mandriani, e i commercianti, ossia per l’appunto i lattai. La stipula del contratto si celebrava mangiando Pammeino e una tazza di panna, come simbolo di buon auspicio.
La prima caratteristica del Pammeino è la consistenza estremamente friabile, al punto che si scioglie letteralmente (e soavemente) in bocca. E questo è merito del lievito di birra, da preferire assolutamente a quello per dolci. Il sapore è dolce e burroso.

Si trova, nel giorno di San Giorgio, nelle panetterie e nelle pasticcerie, ma non è difficile farlo in casa, con farina di mais (a grana grossa e fina), farina di grano, burro e lievito, oltre a fiori di sambuco essiccati, zucchero semolato e zucchero a velo. Dopo averlo cotto a 200° per una mezzoretta, il Pammeino si serve a freddo. È ottimo da solo o accompagnato da panna montata.

Come vini per l’abbinamento suggeriamo due opzioni, discordanti. Da un lato, una Malvasia dolce frizzante dei Colli Parmensi, la cui delicatezza asseconda il gusto altrettanto mite del Pammeino, compensando inoltre con le bollicine il burro copioso del dolce. Oppure, una Malvasia delle Lipari, i cui aromi pronunciati ingaggiano una giocosa tenzone con i profumi del Pammeino, con grande soddisfazione del naso e del palato.

Non possiamo tacere, infine, che il Pammeino è molto calorico: 450 calorie ogni etto! Ma nel giorno di San Giorgio vale la pena di fare una piccola, gustosissima trasgressione. Altrimenti torna il drago…

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