Guido Busetto, propietario di Selvole, nel Chianti Classico, offre questo modesto ricordo a Steven Spurrier, uno dei grandi del mondo del vino, recentemente e prematuramente scomparso alcuni giorni fa, il 9 marzo nella sua casa di Dorset, Inghilterra, a 79 anni in memoria della loro amicizia.
Caro Steven,
Cosa combini, te ne vai troppo presto? Dov’è finito il tuo entusiasmo giovanile, la tua voglia di fare? Ti ricordi quando venivi a Selvole? Ci siamo conosciuti quasi per caso ad una degustazione una quindicina di anni fa a Londra. Sei venuto davanti alla mia postazione e ti sei messo ad assaggiare tutti i vini, intensamente, con interesse. La cosa mi stupì perché in genere chi si ferma ad una postazione è distratto, va di fretta. Chi era quel signore elegante, con un “look” da nobiluomo inglese dell’ottocento? Sul tavolo c’erano le valutazioni di Decanter, e quando io ti ho chiesto qual’era il tuo interesse nel mondo del vino, mi hai semplicemente detto, indicando uno dei premi “quella è la mia firma”. Tutto è cominciato da lì, dal Decanter World Wine Award che tu avevi creato.
E poi ci siamo scritti, abbiamo scoperto interessi comuni, certo nel mondo del vino, ma anche altrove, hai cominciato a venire a Selvole. Ci venivi ogni anno, in Agosto, e passavi qualche giorno in Toscana. Assaggiavamo i vini, ti piacevano tutti, e sostenevi che Selvole era una “sleeping beauty”, una bella addormentata, che non poteva che migliorare i suoi prodotti. Ti ricordi le discussioni sul “Barullo”, il nostro Super Tuscan, che allora era un blend di Merlot e Cabernet Franc? Tu volevi aggiungere Cabernet Sauvignon, ed io non volevo, perché ne producevo poco, e preferivo commercializzarlo con un taglio in purezza, ma tu provasti l’assemblaggio nel bicchiere ed insistevi. Ed avevi ragione, alla fine lo abbiamo fatto ed il Barullo è migliorato. E hai messo le mani anche nella Gran Selezione, il nostro miglior vino nella linea Chianti Classico, con un 10% di merlot e il 10% di cabernet, ugualmente migliorando l’assemblaggio.Eri innamorato dei vini francesi, e su questo ci trovavamo molto d’accordo. Io ho studiamo all’Università di Bordeux e per un certo numero di anni il nostro enologo è stato Yves Glories, preside della facoltà che tu conoscevi bene.
Parlavamo di tante cose, mi raccontavi della Académie du Vin a Parigi, da te fondata, la prima scuola enologica privata di Francia, che organizzava corsi sul vino, e che poi si è diffusa in tutto il mondo, dal Giappone al Canada, Italia compresa, ma soprattutto del tuo amore, la Cave de la Madelaine, (che era anche sede dell’Academie du Vin), un negozio di vino che avevi acquistato, dove tu mettevi le bottiglie migliori, che sceglievi tra i vari produttori francesi e non solo, e che, caratteristica unica, si potevano degustare prima dell’acquisto. C’era tua moglie, Bella, quando lo raccontavi, e io le chiesi se era andata a vivere a Parigi di buona voglia, per un inglese non sempre una scelta facile, e lei mi diede una risposta lapidaria. “Mio padre non voleva che io lasciassi Londra, e io gli risposi che dato che mi sposavo avrei seguito mio marito”. Dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna. Correva l’anno 1966.
Poi, nel 1976, immerso nell’amore dei vini francesi, per il secondo centenenario dell’indipendenza americana, ti inventasti il tuo capolavoro, il “Giudizio di Parigi” una degustazione alla cieca tra i migliori vini francesi, Bordeaux e Borgogna, e i vini californiani. La California, contro tutte le aspettative trionfò, letteralmente umiliando i francesi, e riscrivendo la storia. I francesi odiarono la tenzone, la rivista Times pubblicò un articolo, “The Judgement of Paris”, e l’episodio divenne in seguito persino un film, e tu diventasti famoso. E Bordeaux e la Borgogna rinacquero, migliorando i loro prodotti e dimostrando che il sangue non è acqua.
Parlavamo del tuo ritorno a Londra, della rivista Decanter e del World Wine Award, la scuola del vino di Christie, gestita con il tuo amico Michael Broadbent, anche lui purtroppo scomparso, della tua amicizia con Jansis Robinson, critico del vino del Financial Times, dei vini cileni, i vini neozelandesi, che si stavano affacciando al mercato, del Chianti Classico, di cui eri diventato Ambassador ad honorem, un fiume di attività che non ti lasciavano un momento libero. E nel frattempo accumulavi premi, “Decanter man of the year 2017” , Grand Prix de l’Academie Internationale du Vin, scrivevi libri.
Il tuo libro più bello è senz’altro “A life in Wine”. Mi è piaciuto moltissimo, sono stato onorato che tu mi abbia invitato alla presentazione a Londra, dove c’era il “gotha” dell’enologia mondiale, l’ho letto due volte, lo sto promuovendo prestandolo a conoscenti ed amici. Ci ho ritrovato amici del mondo del vino, dove alla fine tutti conoscono tutti, ma mi ha colpito soprattutto che tu abbia parlato non solo dei tuoi successi, che sono tanti, ma di qualche insuccesso, come la scelta di vendere la Cave de la Madelaine, in quanto inseguito dalle tasse. Già parlarne è stato un atto di coraggio, ed io ti dissi, davanti ad un bicchiere di Selvole Gran Selezione, che leggere questo episodio aveva aggiunto una grossa umanità ed uno spessore morale alla tua persona. Mi guardasti quasi stupito, e passasti a degustare un altro vino. Non eri decisamente una prima donna. Modesto, elegante, sempre estremamente educato, quasi sottotono, con un’umanità che offriva senza chiedere nulla in cambio.
Parlavamo di tante cose, del Giappone, che amavi, e col quale io ho una lunga frequentazione essendo sposato con una signora giapponese, di mia figlia, che partecipava alle nostre degustazioni, e dei tuoi figli e nipoti. Parlavamo soprattutto del tuo buon ritiro, a Dorset, la casa di famiglia, ma soprattutto dell’azienda vincola che avevi creato lì vicino, a Bride Valley, che oggi produce un ottimo spumante ed è diventata un’azienda di tutto rispetto, uno dei pochissimi produttori di vino in Inghilterra. E che tu hai riempito di opere d’arte, antiche e moderne, seguendo la tua seconda passione dopo il vino, l’arte.
Non me la sento di continuare, anche perché, data la tua modestia ti annoierei. Amico mio, che la terra ti sia lieve, sarai sempre con noi, ci rivedremo un giorno, per ora un forte abbraccio
Guido Busetto
Castello di Selvole