La Tintilia è il vitigno-simbolo del Molise vitivinicolo. Dal un punto di vista ampelografico, infatti, la piccola regione dell’Italia centro meridionale è una vera e propria terra di confine, nel senso che le uve che vi sono allevate provengono dalle regioni confinanti, soprattutto Abruzzo, Campania e Puglia. Troviamo perciò, principalmente, Montepulciano d’Abruzzo e Aglianico, a bacca rossa, e Trebbiano, Malvasia e Falanghina, a bacca bianca.
La Tintila è quindi l’unica cultivar del Molise che sia considerata veramente autoctona del Molise. Antico vitigno a bacca nera, era andata in disuso e, come molte altre uve italiane, ha corso il rischio di sparire, prima di essere recuperata e, da qualche anno, consacrata a nuova gloria tra i più pregiati vini italiani.
Con ogni probabilità, la coltivazione della Tintilia è iniziata in Molise nella seconda metà del VIII secolo, durante la dominazione spagnola dei Borboni. Il suo nome, infatti, sembra avere origine dall’aggettivo “tinto”, che in spagnolo, attribuito al vino, significa “rosso”.
Fatto sta che questo vitigno trovò le condizioni climatiche ideali fino a essere coltivato, nel secolo successivo, in tutta la regione, e soprattutto nelle zone più interne.
Nel secondo dopoguerra, tuttavia, la conversione delle coltivazioni su vitigni più produttivi e lo spostamento delle aree vitate verso le aree pianeggianti più vicine al mare, hanno causato un lento ma inesorabile abbandono della Tintilia. Negli ultimi anni, per fortuna, i gusti dei consumatori, e quindi il mercato, sono cambiati e si è risvegliato l’interesse verso questo prezioso patrimonio dell’enologia molisana, con il recupero del vitigno e la sua vinificazione in purezza.
La Tintilia è un uva rustica, resistente soprattutto al freddo. Tuttavia non ha grande vigoria e ha una produttività abbastanza scarsa. I suoi acini sono di colore nero-bluastro e il vino che se ne ricava è molto particolare.
Di colore rosso carico, al naso si presenta con eleganti note speziate, che si amalgamano con nette sensazioni di frutta rossa. Di buona struttura, in bocca è caldo, con una emozionante complessità aromatica e una bella persistenza nel finale.
Dà il meglio di sé quando viene affinato in legno, per periodi medio-lunghi, levigando i tannini e mitigando l’acidità, acquisendo morbidezza e bevibilità. A tavola, si valorizza al meglio se accompagnato da piatti di carne, grigliate o alla cacciatora, in particolare agnello e castrato.