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Abbiamo incontrato lo Chef Andrea Alfieri

Andrea Alfieri ha una doppia vita. Professionale, s’intende. Una delle due la vive a Madonna di Campiglio, lavorando in quello che è il resort più elegante della più elegante stazione sciistica d’Italia. La seconda invece la spende a Milano, la sua città, in uno degli angoli del centro meno conosciuti e più ricchi di fascino: i chiostri di San Barnaba, all’Umanitaria.
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Andrea Alfieri ha una doppia vita. Professionale, s’intende. Una delle due la vive a Madonna di Campiglio, lavorando in quello che è il resort più elegante della più elegante stazione sciistica d’Italia. La seconda invece la spende a Milano, la sua città, in uno degli angoli del centro meno conosciuti e più ricchi di fascino: i chiostri di San Barnaba, all’Umanitaria. 

Il pubblico dei due locali – il primo, l’Alpen Suite, dominato dai panorami spettacolari delle Dolomiti del Brenta, e il secondo, Il Chiostro di Andrea,  a pochi metri dalla mole meno mozzafiato del palazzo di Giustizia, ma situato in una location incredibilmente appartata e romantica –  è per forza di cose diverso. 
Andrea ama declinare il suo stile in funzione dei due contesti pur mantenendone i tratti fondamentali: cucina rigorosamente ispirata ai piatti dell’Italia settentrionale. Selvaggina, funghi, prodotti d’alpeggio e soprattutto pesce d’acqua dolce: salmerini alpini, trote iridee, lavarelli, cavedani. Solo in casi rari, il suo menu propone pesce di mare, naturalmente pescato in Liguria.

Se a Campiglio la cucina è classicamente di altissimo livello, il locale di Milano è una vera e propria chicca.  Andrea ha inventato, sul modello delle tapas spagnole, ma rielaborate e impreziosite, quelli che ha chiamato “sgagnini”: un nome rusticamente milanese, per designare in realtà raffinatissime mezze porzioni, che permettono di spaziare, assaggiare, degustare tre, quattro, e anche cinque portate, divertendosi e sperimentando gusti, sapori e abbinamenti. E senza spendere troppo (28€ per tre portate, 45€ per cinque).

Di quasi tutti i piatti esiste una versione invernale, più autenticamente nordica, e una estiva, alleggerita, rinfrescata, resa adatta alle temperature più miti della bella stagione e alle restrizioni caloriche in vista dell’avvicinarsi della temuta prova costume. La trippa, ad esempio, d’inverno viene accompagnata con fagioli bianchi mentre in primavera è servita in un fritto leggerissimo e con una salsa fredda di tonno e tuorlo d’uovo. 

Ma c’è un piatto, tra tutti, il cui successo fin dal primo giorno di apertura, nel maggio 2015, non conosce pause: gli spaghetti Felicetti, con burro d’alpeggio, Parmigiano Reggiano rìserva, cenere di cipolle e crema di nocciole. Abbinato a un Oltrepò Pavese giusto (quasi tutta la carta dei vini di Andrea è di provenienza oltrepadana) è la fine del mondo. Parola di chef.

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